Siamo nel centro di Firenze, alle spalle del Duomo e a due passi da Piazza della Signoria, precisamente al 7 rosso di via del Proconsolo. Lì, al piano terra di un palazzo di proprietà della Curia Arcivescovile di Fiesole, si trova la storica libreria Manuelli che vende libri e articoli religiosi. È il 24 Marzo 1995, una tranquilla giornata di primavera, e proprio in quel luogo si consuma un orrendo e misterioso crimine. L’assassino, infatti, svanisce nel nulla come un fantasma.
La vittima è Gianfranco Cuccuini, 65 anni, geometra e tipografo d’arte in pensione, sposato con due figli. Preciso, tranquillo e metodico, Cuccuini vive a Sesto Fiorentino e per arrotondare va in libreria soltanto due o tre volte a settimana, ma mai di venerdì. Purtroppo, quel maledetto giorno si reca nella centralissima via del Proconsolo per sostituire la proprietaria: alle 8:20 è già in negozio, perché dalla copisteria di fronte viene visto sistemare le bacheche della libreria.
Alcune signore, che sono davanti al palazzo della Curia, vedono 2 persone entrare nel negozio: una è sicuramente un uomo, l’altra ha i capelli lunghi e potrebbe essere una donna ma nessuno dei testimoni è in grado di affermarlo con certezza. Altro dato da tener presente è quello relativo ai movimenti avvenuti all’interno del palazzo quella mattina: il primo ad arrivare in Curia, alle 7:15, è don Sergio Boffici; 5 minuti dopo arriva la custode, la signora Mafalda, che ha il compito di aprire il portone; alle 7:45 arrivano anche 5 operai che in quei giorni stanno lavorando alla ristrutturazione della fogna all’interno del cortile, l’ultimo di loro arriva alle 7:50 ed è il testimone che dichiara di aver visto, passando, la saracinesca della libreria già alzata. Dalle 8:30 il palazzo viene aperto a tutti: visitatori, turisti, curiosi. Alla stessa ora, don Sergio esce in auto per andare a parcheggiarla all’esterno e rientrare a piedi in ufficio.
Un’altra testimone sostiene di aver visto il Cuccuini verso le 8:30, di spalle, insieme ad una persona con i capelli lunghi, sui 25/30 anni, che indossava un giubbotto chiaro, ormai fuori moda. Purtroppo, però, non è in grado di affermare con sicurezza se si trattasse di un uomo o di una donna. L’unico dato quasi certo è l’orario della morte perché don Sergio Boffici, passato dal negozio per prendere le ostie da far consacrare per la messa, scopre il cadavere di Gianfranco intorno alle 8:45. Per questo motivo, l’omicidio sarebbe stato compiuto in un lasso di tempo di appena 15 minuti.
L’autopsia stabilisce che sono state ben 27 le coltellate inferte alla testa, all’addome e sui lombi. Due i colpi fatali: alla nuca e ad un polmone. Il delitto è stato commesso con un’arma bianca, si presume una lama bitagliente dalla punta arrotondata, lunga quasi 10 centimetri, che tuttavia non verrà mai ritrovata. Si pensa ad un tagliacarte ben affilato e usato con forza, vista la profondità e la reiterazione dei colpi. Il corpo viene ritrovato in posizione prona, in un lago di sangue. Accanto ad esso nulla è in disordine, a parte uno straccio per pulire i pavimenti e un mazzo di chiavi caduto a terra.
Nonostante la violenta aggressione, a pochi centimetri dal cadavere di Cuccuini c’è una sedia, sistemata dietro al bancone di legno, che sembra non sia mai stata spostata: su di essa la scientifica rinviene una piccolissima e isolata traccia ematica. Partendo da questo particolare, gli inquirenti ipotizzano che al momento dell’omicidio qualcuno, probabilmente l’assassino, fosse seduto proprio su quella sedia. La dinamica dell’evento lascia anche ipotizzare che la vittima fosse quasi inginocchiata, come a voler raccogliere qualcosa dal pavimento, quando è stata colpita la prima volta. Cuccuini viene colto di sorpresa non riuscendo a mettere in atto alcun meccanismo di difesa, ciò è testimoniato dal fatto che non vengono rilevate ferite alle mani o alle braccia. Questo aspetto ci fa capire perché, nonostante l’estrema brutalità dell’azione omicidiaria, tutto viene ritrovato al suo posto, non ci sono segni di colluttazione né schizzi di sangue sulle pareti.
Sulla scena del crimine non ci sono impronte, aspetto stranissimo visto che il killer si è ritrovato nel mezzo di un lago di sangue, così come non ci sono segni di effrazione, ma a tal proposito va sottolineato un dettaglio assai importante: la porta sul retro è chiusa dall’interno, quindi l’aggressore è fuggito dall’ingresso principale. Nonostante a quell’ora via del Proconsolo fosse già piena di gente, nessuno nota qualcuno o qualcosa di strano.
La polizia esclude che si tratti di un omicidio a scopo di rapina poiché dal negozio non manca nulla, le indagini allora si concentrano sul gesto di un folle: alcuni passanti dichiarano di aver visto quella mattina una signora bionda, sui 60 anni, camminare avanti e indietro in via del Proconsolo con le mani giunte quasi come se stesse pregando. A poche ore dal delitto la sospettata viene identificata in via Borgo Ognissanti e, quando gli agenti le chiedono i documenti, accade il primo colpo di scena: alla donna cade un ombrello marrone sporco di sangue. Viene portata in questura e interrogata per ore: non sa spiegare il perché di quelle tracce ematiche e ammette di essere stata in via del Proconsolo, ma solo per andare in farmacia. Il test del DNA la scagionerà definitivamente: il sangue sull’ombrello non appartiene a Gianfranco Cuccuini.
Si comincia allora a seguire la pista del delitto passionale, scavando nella vita privata di Cuccuini, perché chi uccide con tale violenza (overkilling) non può che essere legato in qualche modo alla vittima. Tuttavia, dalle indagini non emerge nulla: pare proprio che non vi sia ombra alcuna nella vita sentimentale del geometra. Anche se non è mai stato provato, è quasi sicuro che la vittima conoscesse il suo carnefice. Fatto sta che, a distanza di 27 anni, il barbaro omicidio di Gianfranco Cuccuini resta uno dei tanti misteri italiani.