La decisione del Gip e le motivazioni
Nonostante la richiesta di archiviazione per il reato di istigazione al suicidio, il Gip ha ordinato che gli atti siano trasmessi alla Procura affinché vengano proseguite le indagini per diffamazione. Il giudice ha sottolineato che non vi è prova, né è possibile acquisirne, che gli autori dei messaggi o dei commenti offensivi fossero consapevoli che le loro azioni avrebbero potuto spingere Vincent al suicidio.
Il Gip ha inoltre esaminato il caso di due utenti social accusati di aver orchestrato il linciaggio mediatico ai danni di Vincent, evidenziando che il loro obiettivo principale era «neutralizzare l'ascesa sui social del personaggio 'Inquisitor', considerato dai due come un pericoloso competitor». Pertanto, secondo il giudice, non vi sono sufficienti elementi per ritenere che questi individui avessero come fine il suicidio di Vincent, limitandosi invece a una rivalità sui social.
Lo stalking e il coinvolgimento degli utenti online
Il Gip ha anche escluso l’ipotesi di stalking, ovvero il reato di atti persecutori (articolo 612 bis c.p.), sottolineando che, sebbene i messaggi contenessero minacce e offese, non risultano provenire da un unico gruppo di persone che avrebbe perseguitato in modo sistematico Vincent. «I messaggi contenenti minacce e offese risultano provenire da account riconducibili a soggetti differenti», ha spiegato il giudice, «e non si configura dunque l'abitualità propria del delitto di atti persecutori, intesa come reiterazione delle condotte vessatorie». Il Gip ha inoltre osservato che non è possibile sostenere che «i vili messaggi rivolti a Vincent fossero espressione di una comune intenzione e di un accordo preordinato tra i vari utenti intervenuti nella vicenda». Pur concludendo che non vi siano prove sufficienti per configurare reati come l’istigazione al suicidio o lo stalking, il Gip ha dato mandato alla Procura di proseguire con le indagini per diffamazione.