Ci sono storie tanto crude da fare fatica a credere che siano vere. Racconti che trasudano ferocia e disperazione: la ferocia di un assassino privo di pietà e la disperazione di una madre, morta senza sapere chi e perché avesse ucciso il suo angelo. Una vicenda che colpì profondamente l’opinione pubblica per essere poi dimenticata senza che la vittima avesse giustizia, facendo crescere la già lunga lista di delitti insoluti che hanno funestato il nostro Paese.
È il 24 Febbraio 1987, il giorno di Carnevale, verso le 8:30 qualcuno suona con insistenza il campanello di casa Aprile, in via Levanna 35 a Roma nel quartiere Montesacro. Lì abitano Valerio Aprile, 49 anni, professore di Elettronica all’Istituto Galilei, e sua moglie Fiorella Baroncelli, 39enne casalinga. Ci sono anche i loro 3 figli: Patrizio, 17 anni, Giada di 14 e il piccolo Cristiano di 12.
Lo sfortunato protagonista di questa brutta storia è proprio il più piccolo, Cristiano, un bambino bello e dolce che conduce con la famiglia una vita tranquilla ed ha la tenera abitudine di guardare un’immagine della nonna, che non c’è più, e parlare con lei. Ma prima di parlare del giorno del delitto, bisogna fare un passo indietro e andare al 21 febbraio quando, intorno alle 13:30, alla porta di casa si presenta un ragazzo che la signora Aprile descrive così:
Un ragazzo sui 18-20… Era alto, molto magro, di una magrezza innaturale. Di un colorito livido, un pallido che andava nel livido. Occhi neri, capelli nerissimi, mi sembra tagliati a spazzola. E occhiali cerchiati di scuro, ma non occhialetti alla Cavour, come erroneamente riportato da qualche giornale. Occhiali normali, grandi, però cerchiati di scuro.
Il giovane afferma di essere un allievo del marito e con voce tranquilla le dice:
Buongiorno, signora. Sono venuto a ritirare un libro di Elettronica per il V anno.
Aggiunge anche che vorrebbe entrare a cercarlo perché l’indomani avrebbe dovuto essere interrogato per la fine del quadrimestre. La donna lo fa accomodare ma, nonostante l’aiuto di Giada, non trova il testo e va via. L’episodio, non si sa come mai, non viene riferito al professore Aprile.
Torniamo al 24: come ogni mattina Fiorella Baroncelli si alza alle 5:30, prepara la colazione per tutti e sveglia i figli. Il marito e Patrizio escono verso le 8:00, mentre Giada e Cristiano restano a casa perché, essendo Martedì grasso, a scuola entreranno in pochissimi. Alle 8:20 suona il campanello, la signora decide di non aprire perché la casa è in disordine ed ha molto da fare. Le scampanellate, però, si fanno sempre più insistenti così la donna cede, trovandosi di fronte lo stesso ragazzo che tre giorni prima si era presentato come allievo del marito ed era entrato nell’appartamento a cercare un libro di cui aveva bisogno. Stavolta, però, il giovane è armato di coltello e le intima di stare zitta e calma, assicurandole che se non avesse gridato non le sarebbe successo niente di male.
Inizialmente la signora Aprile, incredula, pensa addirittura che si tratti di uno scherzo, dopotutto è Carnevale. Ma l’aggressore le chiede dove tiene i soldi, poi con un forte accento romanesco le ordina di stendersi a terra: le lega mani e piedi, la fa sedere e le copre la bocca con un bavaglio blu con dei pois bianchi. La Baroncelli gli indica dove conserva il denaro, mezzo milione, che tiene in uno scrigno per pagare delle bollette e fare la spesa.
I ragazzi non si accorgono di nulla: Cristiano dorme nella sua stanzetta, Giada nel letto dei genitori. All’improvviso l’intruso corre nella camera di Cristiano e con inaudita ferocia lo accoltella 8 volte, la madre riesce a slegarsi per correre in aiuto del suo bambino ma l’uomo la blocca, la porta in bagno e le sferra diverse coltellate alla gola, alla testa e alla spalla. Poi si accanisce su Giada colpendola alla schiena, al naso, al fianco e all’orecchio sinistro.
Anche se gravemente ferita, Fiorella riesce a trascinarsi sul pianerottolo e a chiedere aiuto alla signora impegnata a lavare le scale. Nel frattempo il killer dagli occhiali scuri esce dall’edifico e scompare nel nulla. Viene chiamata l’ambulanza, che porta le vittime al policlinico Umberto I: Giada e la mamma si salvano, ma purtroppo per Cristiano non c’è più nulla da fare.
Le indagini, coordinate dal capo della Mobile Rino Monaco, battono tutte le piste possibili. In un primo momento si pensa alla vendetta di uno studente nei confronti di Valerio Aprile, che insegna anche in una scuola privata, oltre a impartire lezioni private in casa propria. Vengono ascoltate oltre 100 persone, tra allievi e soggetti ad essi collegati, ma non emerge nulla di rilevante. Grazie alla testimonianza delle vittime viene elaborato e diffuso un accurato identikit dell’aggressore e diversi agenti vengono impiegati nelle ricerche, ma non viene trovata alcuna corrispondenza.
Si comincia a pensare che si sia trattato del gesto sconsiderato di un tossicodipendente in cerca di denaro per la dose quotidiana, ma dall’abitazione non è stato portato via denaro né oggetti di valore. Tante restano le domande: perché recarsi in quella casa, 3 giorni prima della mattanza, rischiando di mettere in allarme la famiglia? Forse, per fare un sopralluogo? Si è trattato di un’azione pianificata o di una reazione estemporanea dell’aggressore? Perché, mentre la legava, è stato gentile con la signora Aprile per poi accanirsi sui figli? Mentre si trovava in camera da letto insieme a Fiorella, le aveva detto: “La preghi dopo tua madre”. Come faceva a sapere chi fosse la donna raffigurata nel quadro? Qual era il vero obiettivo della sua furia omicida? Perché non è scappato subito, ma solo dopo che la padrona di casa è riuscita a chiedere aiuto, correndo il rischio di essere bloccato da qualcuno? E cosa aveva fatto in casa subito prima di uscire?
Sono passati 37 anni e tutto tace, neanche un piccolo passo avanti è stato fatto verso la verità. Il piccolo Cristiano Aprile, la sera prima del massacro, aveva detto alla sua mamma che voleva travestirsi da angelo e probabilmente ora guarda e protegge la sua famiglia da lassù, mentre il suo assassino gira indisturbato per le strade della città.