Dalle 15 fino a sera il centro di Roma è sconvolto da una vera e propria guerriglia. Quel giorno, per sicurezza, “qualcuno” del potere predispone non solo gli “anti-guerriglieri”, ma anche i “guerriglieri”. Perché presto si scopre che accanto a poliziotti e carabinieri in divisa e in assetto di guerra, ce ne sono altri, travisati da Autonomi; il loro compito è infiltrarsi; provocare, e giustificare quelle cariche e quegli incidenti che puntualmente si verificano. Come quel ragazzo con il maglione bianco e la vistosa striscia nera. «Agenti travestiti da lupi che qualcuno voleva fossero lupi», denuncia Marco Pannella a Montecitorio. Non è una presunzione, questa degli agenti “provocatori”: è certezza: documentata da un filmato, da decine di fotografie e testimonianze poi raccolte in un “libro bianco” curato e pubblicato dal Partito Radicale. Grazie a quel documento è possibile provare che poliziotti infiltrati andavano a prendere ordini da riconoscibilissimi funzionari di polizia. Una giornata interminabile di violenza e violenze. Qualcuno del potere aveva programmato una strage che per fortuna non ci fu. Ma Giorgiana Masi viene comunque uccisa; nonostante denunce, inchieste, processi non si è riusciti a dare un nome a chi ha sparato ad altezza d’uomo. Neppure i mandanti hanno un volto ufficiale: chi ha voluto che quei ragazzi, quel giorno si trasformassero in “lupi”.
Pallottole e menzogne di Stato: l’uccisione di Giorgiana Masi