Venne così alla luce una seconda aggressione, risalente a poco più di un mese prima di quella ai danni di Pietro Barbini. Era il pomeriggio del 15 novembre. Giuliano Carparelli era appena tornato dall'estero. Quel giorno pioveva e, prima di uscire di casa, verso le 14.30, il ragazzo prese un ombrello. Nei giorni precedenti l'aggressione Giuliano venne informato che in Italia lo stava cercando un certo giudice Boselli, "che doveva inoltrargli una raccomandata di notifica di atti giudiziari". Il 15 novembre, "nell'uscire dal portone - racconterà Giuliano, come riportato nel verbale di polizia citato in sentenza - notavo sulla sinistra una donna", con il naso coperto da cerotti bianchi e che "alla mia vista, apriva un contenitore tipo shaker giallo fluo, rovesciando il liquido di colore rosso scuro e oleoso alla mia persona, non riuscendo però a colpirmi in quanto con prontezza riuscivo a proteggermi con l'ombrello".
A quel punto la donna si diede alla fuga, ma Carparelli le corse dietro per chiederle spiegazioni in merito al suo gesto e la raggiunse proprio mentre stava per salire su un'automobile. Questa volta, la sua assalitrice spruzzò verso Giuliano uno spray urticante, mentre un suo complice alle spalle faceva altrettanto. "Io - raccontò Giuliano - temendo il peggio e percependo un forte bruciore al collo e alla parte destra del volto, iniziavo a correre cercando riparo". Ma anche questa volta il complice inseguì la vittima. Carparelli infatti era riuscito a fotografare, con il suo cellulare, il numero di targa dell'automobile sulla quale stava salendo la donna. Nella fuga però il ragazzo cadde a terra, lasciando scivolare il telefono, prontamente recuperato dall'uomo che lo inseguiva e che poi scappò. Giuliano, però, ricordava parzialmente la targa. Per precauzione, nei giorni seguenti, il ragazzo si fece ospitare da un amico e poco dopo lasciò l'Italia.
Ma dopo l'aggressione a Barbini, Carparelli ritornò in Italia e tutti i pezzi del puzzle iniziarono ad andare a posto. Gli inquirenti scoprirono che il modello e la targa dell'automobile che Giuliano aveva visto il giorno dell'aggressione corrispondevano a quella di Andrea Magnani, il ragazzo che la Levato aveva chiamato in causa per giustificare i suoi movimenti della sera dell'aggressione a Barbini. Inoltre Giuliano riconobbe Martina e Alexander come i suoi aggressori, oltre ai cerotti bianchi che la ragazza sotto casa aveva sul naso e alle bombolette spray usate contro di lui e ritrovate nel corso di una perquisizione a casa di Boettcher e Levato. Magnani confessò le telefonate fatte per far cadere Carparelli nella trappola e riferì "che in data 13/14 novembre aveva acquistato dell'acido, come richiesto da Boettcher". Ma durante i giorni passati a cercare informazioni sull'uomo, un'altra vittima finì, per errore, nel mirino della "coppia dell'acido".