Non ha occhi ad esempio, il papà di Chiara, Roberto Petrolini, 57 anni, che il giorno prima trova dappertutto in bagno tracce di sangue. Sul pavimento, sui rubinetti, nel lavandino, sui tappetini. E ne chiede conto alla figlia, che si limita a dire: «Ho il ciclo abbondante». In seguito la moglie lava tutto, senza fare domande. La notte prima, alle 3 e 40, la ragazza ha partorito un bimbo. Da sola, senza l’aiuto di nessuno, nella taverna al piano di sotto, dove dorme d’estate. Per tutta la sera con una mano ha cercato informazioni sul cellulare sulle manovre da effettuare, mentre con l’altra fumava marijuana per lenire il dolore, fino a perdere i sensi. Quando si riprende – questa la sua ricostruzione – trova il neonato morto: ma è morto dissanguato perché con le forbici lei gli ha tagliato il cordone ombelicale senza suturarlo. Poi sale in bagno e butta nel gabinetto la placenta insanguinata. Quindi avvolge il corpicino in un asciugamano e un sacchetto, e lo sotterra in un buca, profonda appena una spanna, scavata davanti alla siepe con le sue mani.