Screenshot 2024 10 28 at 20 47 40 michele profeta Cerca con GoogleNon è un caso se Michele sceglie di ‘scindere' la sua vita in due città, due donne, due case. È il suo modo di elevarsi al di sopra degli altri, di vivere una vita non convenzionale. Ossessivo e narcisista, Michele Profeta è convinto di poter avere tutto ciò che vuole passando sopra le regole del sentire comune, ma anche della legalità. Già con le prime truffe la sua natura ambigua e manipolatoria si era manifestata ma ora, spinto da quella nevrotica forma di ambivalenza, Profeta mette a punto un'altra truffa, la più grande.

Dopo aver ridotto drasticamente il suo tenore di vita, vuole recuperare con un colpo magistrale. Questa volta i soldi glieli darà lo Stato: 12 miliardi, ne più ne meno e se non glieli daranno, si lascerà alle spalle una coda di cadaveri. Lascia un biglietto anonimo in una stazione di polizia a Milano minacciando di uccidere vittime a caso se non avesse avuto i soldi e lascia le istruzioni per mettersi in contatto con lui. È il 12 gennaio 2001. Sulle prima la polizia pensa a un mitomane e lascia correre. Profeta, però, fa sul serio e il 29 gennaio 2001, a Padova lascia un altro genere di messaggio. In via Marghera viene ritrovato un taxi parcheggiato con un uomo agonizzante: è il tassista Pierpaolo Lissandron. Nel suo cranio c'è un proiettile calibro 32 sparato con una ‘Iver Johnson'; accanto al suo corpo, due carte da gioco: un re di cuori e uno di denari.

È la firma di Profeta, serial killer al suo esordio, assassino anomalo che uccide per scelta, non per bisogno. Quando in un'altra stazione di polizia compare un nuovo biglietto, si apre ufficialmente un caso. Il 10 febbraio 2001, appena 12 giorni dopo l'omicidio del tassista (il numero 12 ricorre spesso nella storia criminale di Profeta), l'agente immobiliare Walter Boscolo, 37 anni, viene trovato morto in un appartamento di Padova: un colpo alla nuca. La pistola, naturalmente è una ‘Iver Johnson'. Stavolta però il killer, oltre alle due carte da gioco che costituiscono la sua firma rituale, ha lasciato un'altra traccia di sé. L'assassino era in quella casa perché si era finto un potenziale acquirente, dunque, sull'agenda dell'immobiliarista doveva esserci il suo nome: "Signor Pertini", si legge sul libretto. Dopo qualche ricerca gli investigatori scoprono che il fantomatico Pertini aveva preso un altro appuntamento con un agente. Anche lui lo aveva portato a visitare una casa, ma in compagnia di un amico, dunque facendo saltare il suo piano che prevedeva una sola vittima. Qualcuno, dunque, aveva visto il killer e poteva riconoscerlo.