Nel 2004 Sonya Caleffi vince un concorso e viene assunta all’ospedale Manzoni di Lecco, dopo aver superato senza problemi i test psico-attitudinali. Si contraddistingue per cordialità e professionalità, anche se non mancano episodi particolari, come scatti d’ira, in particolare quando non riesce a restare da sola nelle stanze dei pazienti.
Il motivo è semplice, Sonya Caleffi si trasforma nell’angelo della morte di Lecco: inizia a uccidere i pazienti nel nosocomio attraverso iniezioni d’aria, insufflate in vena attraverso la flebo del braccio: 40-50 centimetri cubici di aria, anche con somministrazioni ripetute. In questo modo il paziente va in embolia gassosa, il volto diventa cianotico e le labbra blu. Fino alla dissociazione meccanica del cuore.
Una volta entrata in azione e causata l’emergenza, Sonya Caleffi si mette a disposizione dei medici. Ma l’8 novembre del 2004 commette un errore: viene infatti pizzicata dai parenti di Maria Cristina, 99enne ricoverata per una bronchite con difficoltà respiratorie. La donna muore, ma l’ospedale vuole fare chiarezza e ordina l’esame autoptico. L’ennesimo decesso imprevisto all’ospedale Manzoni. I familiari si scagliano contro la Caleffi: trovano il suo comportamento freddo e assurdo, sono certi che abbia commesso qualche errore.