Donato Bilancia, detto Walter, per numeri e intensità omicidiaria, è stato senza dubbio il più attivo degli assassini italiani della storia criminale italiana. Ha ucciso quasi sempre scegliendo la tipologia delle sue vittime in base a delle categorie di appartenenza: biscazzieri, cambiavalute, metronotte, prostitute e pendolari ferroviari.
Il severo fallocrate padre Rocco era impiegato come ragioniere di secondo livello all’Inam; la soggiogata “terrona” madre, Anna Mazzaturo, faceva la casalinga; il fratello Michele era più grande di diciotto mesi.
Nel 1954 la famiglia si era spostata ad Asti, i figli soffrivano d’asma; poi il padre venne destinato altrove, nel 1956 definitivamente in Liguria. Fra litigi furiosi e silenzi spaventosi in casa, Walter è taciturno e introverso, soffre di enuresi (pipì a letto), prende schiaffi. Va bene a scuola, ma inizia presto a rubare e a giocare d’azzardo. Lavoricchia.
Una svolta forse decisa nella vita di Bilancia arriva intorno ai 35 anni, nel 1986, quando suo fratello Michele, afflitto da problemi depressivi, si getta con il figlioletto di soli 4 anni sotto un treno nella stazione genovese di Pegli. Una tragedia che lo segna e forse alimenta la sua ossessione malvagia per le stazioni ferroviarie e i treni.
Tre anni dopo, siamo nel 1990, un’altra svolta forse decisiva: Bilancia, 39enne, finisce in coma per diversi giorni dopo un incidente stradale.
Due eventi dolorosi e traumatici che cambiano l’uomo, lo segnano, trasformandolo nell’assassino che inizia a incubare dentro ed esploderà sette anni più tardi.