Due anni passati dalla fine della Guerra, Mussolini sepolto con le ceneri della follia imperialista e le divise di centinaia di ragazzi che non avevano neanche cominciato a vivere: l’Italia stanca, affamata, si rimetteva in cammino sulla strada del progresso. Eppure dei fermenti di quel 1947 a Toiano, grumo di case diroccate nelle campagne toscane, nulla si sentiva. I contadini continuavano ad arare la terra per i signori, le ragazze a ricamare iniziali sui corredi lindi e profumati e a leggere le lettere dei loro innamorati. Così passava il tempo Elvira Orlandini, considerata, a 22 anni, la più bella di Toiano e ormai prossima al matrimonio.
Elvira, figlia di contadini, lavorava come cameriera nella villa dei Salt, signori svizzeri, ma era promessa a Ugo Ancilotti, giovane veterano di guerra che abitava poco distante dalla villa. Il pomeriggio del 5 giugno scomparve misteriosamente dopo aver detto all’amica Iva che sarebbe andata a prendere alla fonte del bosco l’acqua necessaria alla casa. Duecento metri la separavano dalla sorgente dove la famiglia si approvvigionava, ma Elvira non tornò. Eppure la futura sposa più bella di Toiano, era proprio lì, a due passi dal burroncello chiamato Botro della Lupa, pallida e dormiente come Biancaneve. La trovarono i fedeli in processioni per il Corpus Domini, quel giovedì 5 giugno. Elvira, però, non era addormentata, aveva la gola tagliata da un orecchio all’altro. La bella Elivira il suo candido vestito lo avrebbe indossato per andare nella tomba.
Neanche la guerra aveva sfiancato Toiano come l’assassinio della figlia degli Orlandini. Lei Rosaria, piegata dal dolore continuava a pregare con le altri comari del paese per l’anima di sua figlia, lui Antonio, impietrito, svuotato passava le notti sveglio a immaginare sua figlia nelle mani del bruto, finché non bussò alla loro porta il maresciallo Leonardi, arrivato da Pontedera a occuparsi del caso, con un nome in punta di labbra: Ugo Ancillotti. Il fidanzato di Elvira è il sospettato numero uno per la sua vicinanza alla vittima, ma anche perché è stato uno dei primi ad arrivare sul posto. Non tutti sono convinti di questa tesi, però. Tra le colline di Palaia, la paura del lupo dei boschi, del feroce assassino assetato di sangue giovane, spira come un vento gelido. Le ragazze tornano a casa prima del tramonto, si guardano le spalle, non escono mai sole.
Il mostro del Botro della Lupa è finito anche sulle pagine di giornale che la censura del Ventennio aveva ripulito da ogni brandello di cronaca nera. L’Italia si divide, centinaia di persone scrivono ai giornali raccontando di aver visto il fantasma di Elvira, sedicenti medium e maghi scrivono alla famiglia professandosi in contatto con la povera defunta. Quella storiaccia brutta di Toiano ha un eco tale che anche fuori dall’Italia mitomani e appassionati azzardano ipotesi investigative. Disparate, forzate, macabre, alcune fanno riferimento a particolari del caso considerati, dalla stampa dell’epoca, scabrosi. A Elvira, infatti, sono state portate via le mutandine e proprio questo particolare rovescia sulla vittima una insaziabile curiosità: Elvira era vergine? Qualcuno la corteggiava?
Sui banchi del tribunale, a Pisa, intanto, si discutono prove e indizi. Più che altro, questi ultimi, considerato che contro Ancillotti, l’imputato, mancano proprio le prove schiaccianti, tanto che la sua difesa viene assunta niente meno che da Giacomo Picchiotti, parlamentare socialista e principe del foro, che per il veterano lavora gratis, convinto che si tratti di un imperdonabile errore giudiziario. Il processo comincia il 21 marzo 1948, fuori dal tribunale migliaia di persone scommettono con i bookmaker clandestini, il Paese ha il fiato sospeso. Ancillotti, provato, scuro, sostiene le domande dell’accusa sui suoi rapporti con Elvira, le domande sulla gelosia, le indiscrezioni che fanno male, mentre dai banchi del pubblico i genitori, della vittima e dell’imputato, assistono annichiliti.
Nel frattempo nel paese di Toiano tutti i suoi compaesani sono con lui e lo sostengono con grandi cartelloni scritti a mano situati nella piazza del paese. Si proprio così, in tanti sono convinti dell'innocenza di Ugo, anche perchè elementi in sua difesa ce ne sono e non sono pochi. Partiamo dal ritrovamento delle impronte sul luogo del delitto, che erano più piccole di quelle dell'imputato. La questione delle ciabatte di Elvira, che erano messe a terra in maniera ordinata accanto alla brocca d'acqua, il che fà pensare che la vittima conoscesse l'assassino e che l'avrebbe seguito volontariamente all'interno del bosco. La mattina del 5 giugno, giorno dell'omicidio, Elvira e Ugo erano insieme a messa e dopo lui l'ha riportata a casa verso le 13:30. Come avrebbe fatto in circa un'ora Ugo a lasciare Elvira, andare a casa, mangiare e tornare giù alla fonte per aspettare la vittima? Potrebbe essere veramente l' assassino? Fermiamoci un attimo, c'è da aggiungere una cosa, un particolare che rende questa storia ancora più intrigata e misteriosa. Elvira per aiutare la sua famiglia andava a servizio da alcuni nobili svizzeri, potenti e conosciuti, che avevano una villa a Toiano e dove vi trascorrevano alcuni mesi dell'anno, la famiglia Salt. Il signor Salt aveva un figlio dell'età di Elvira il quale aveva messo gli occhi sulla ragazza e non si era fatto scrupoli a corteggiarla. Di questo figlio non abbiamo notizie, strano? Eppure le voci confermano che le attenzioni e i corteggiamenti c'erano e anche palesi. Girano voci di paese, quelle che arrivano all'orecchio e alla svelta, quelle che magari dicono che è meglio lasciar stare i Salt in particolare il figlio del signor Salt, perchè non si sà mai quello che può succedere a parlare di gente come loro; però qualcuno sà. Qualcuno sà di una lettera anonima recapitata a Ugo Ancilotti la quale lo redarguiva da sposare Elvira perchè era meglio così. Strano? Girava voce che Elvira fosse anche sfruttata dalla sua famiglia e considerata un pò come la sguattera tutto fare.
Il processo nei confronti di Ancillotti continua e viene fatto persino un altro sopralluogo in presenza dello stesso imputato con le manette ai polsi il quale richiama centinaia di persone sul posto. Dopo alcune udienze, di cui una sospesa per paura dell'incolumità dello stesso imputato, il processo finisce e Ancillotti viene rinviato a giudizio. Il secondo processo invece viene svolto presso la corte d'Assise di Firenze, nel quale il 21 luglio 1949 Ugo Ancilotti viene assolto per insufficienza di prove.
Oggi di quella brutta, triste e misteriosa storia rimane solo il lontano ricordo. I nostri personaggi sono tutti deceduti, anche Ugo morto di recente a novantuno anni non c'è più. Toiano stesso per qualche strano scherzo del destino è morto, è ridotto ad essere un paese fantasma, quasi come volesse calare il sipario sulla verità. Di questa brutta storia rimane solo la villa della famiglia Salt, che nel corso degli anni ha cambiato proprietari e sembra essere una silenziosa custode del tempo e della verità; e quando capita di osservarla al di fuori del grande cancello ci si domandi che cosa sia veramente successo a quella ragazza di ventidue anni.