La storia della sua scomparsa è molto simile a quella di tanti altri uomini e donne che svaniscono nel nulla e di cui si perdono definitivamente le tracce: al fenomeno delle persone scomparse ho dedicato un apposito articolo “I morti senza nomi” nel numero 280 del febbraio 2020. La Procura di Roma, sul ritrovamento dei resti del cadavere, apre comunque un’inchiesta per omicidio e occultamento di cadavere. La notizia del ritrovamento della carte d’identità, delle chiavi e dello scheletro viene comunicata ai figli dello scomparso.
I familiari, però, trovano assai particolare che il loro congiunto sia andato a finire in quel canneto. Inoltre, trovano strana un’altra faccenda, ovvero che i vestiti e le scarpe rinvenuti, o meglio quel che ne è restato dopo l’incendio, non corrispondono a quelli indossati dal signor Ricci il giorno della sua scomparsa. Richiedono, quindi, all’autorità giudiziaria l’esame del DNA delle ossa ritrovate per accertare che sia effettivamente il loro padre.
Il magistrato, dopo aver appurato la sussistenza dei presupposti, accoglie la richiesta e dispone l’estrazione del DNA e il confronto con il codice genetico dei figli del Ricci. Sembrerebbe un esame di routine, quello scheletro, vestiti o meno, appartiene allo scomparso Ricci. Lo dice la logica: il marsupio è suo, lo scheletro è lì, lui è scomparso proprio in quei luoghi!
La polizia, nel frattempo, ha stabilito che l’incendio molto probabilmente è stato di origine dolosa.