L'11 dicembre del 2006 sono morte in via Armando Diaz a Erba (Como) quattro persone. Una, rimasta gravemente ferita, si è salvata per via di una malformazione alla carotide e la sua testimonianza è stata fondamentale per mettere il punto a uno dei casi di cronaca nera più noti d'Italia. Era un lunedì. All'inizio si parlava di un incendio. I vigili del fuoco per questo erano stati chiamati. Nell'appartamento della corte di via Diaz, a Erba, in provincia di Como, spente le fiamme, hanno trovato uno scenario drammatico e devastante. Entrati da una finestra hanno trovato cinque corpi nelle stanze della casa, nel corridoio e sul pianerottolo. Sono tre donne, un uomo e un bambino piccolo, tutti accoltellati più volte, ma non tutti morti. L'uomo è vivo e diventerà testimone chiave per le indagini.
A essere uccisi sono la trentenne Raffaella Castagna e il figlio Youssef Marzouk di 2 anni e tre mesi. Le altre due vittime sono la madre di Raffaella, Paola Galli, 57 anni e la vicina di casa Valeria Cherubini, 55. Il sopravvissuto è il marito di lei, Mario Frigerio, 65 anni. Si salva per una malformazione che fa sì che la sua carotide non venga recisa.
Il primo sospettato
Il primo sospettato sembra essere il marito di Raffaella Castagna, che in quel momento non si trova. In molti pensano che Azouz Marzouk, 26 anni, tunisino, sia in fuga. Ha precedenti penali per droga e carcere ed è libero grazie all'indulto. C'è chi ipotizza una faida familiare, chi parla di regolamento di conti per lo spaccio, chi di regolamento di conti dopo la detenzione. A scagionarlo subito è il suocero, Carlo Castagna, che pure non pare vicino a lui. Dice che è da tempo in Tunisia, un viaggio programmato, nessuna fuga. In Tunisia sono stati sepolti Raffaella e il figlio.
L'arresto
L'8 gennaio 2007 vengono arrestati Rosa Bazzi e Olindo Romano, rispettivamente 43 e 44 anni: è la coppia che vive nell'appartamento sotto quello della strage. Con la famiglia Marzouk c'erano contenziosi aperti. Il 13 dicembre del 2006 era fissata l'udienza della causa civile con Raffaella Castagna che aveva denunciato i Romano per ingiurie e lesioni dopo una lite, la sera del 31 dicembre 2005. I due da tempo si lamentavano per i vicini troppo rumorosi. Per la sera degli omicidi dicono di avere un alibi: erano a cena da McDonald’s a Como e hanno tenuto lo scontrino. Risale però a due ore dopo gli omicidi.
I due sono intercettati da settimane, come altre persone. Non fanno mai cenno all'accaduto, un fatto che ha sconvolto l'Italia intera, e lei dice invece questa frase: «Adesso sì che possiamo dormire». A loro carico ci sono tracce di sangue femminile su alcuni abiti e una macchia di sangue di Mario Frigerio su un tappetino della loro auto. Nella notte della strage poi, per la prima volta in tre anni, Rosa Bazzi fa una lavatrice dopo le 18. Lo dicono i tabulati della società elettrica.
Bisognerebbe quasi scriverli attaccati i loro nomi, come fossero una cosa sola, visto il rapporto simbiotico fra i due che subito è chiaro agli inquirenti. Lei lavora come donna delle pulizie e lui per un'azienda di smaltimento rifiuti. Sono sempre e solo loro due. La casa è il loro regno in perfetto ordine. Non hanno figli e non hanno rapporti con le famiglie d'origine. Lui, primo di quattro figli, nato quando i genitori ancora non erano sposati, litiga con i fratelli per la casa di famiglia e rompe i rapporti con loro dopo il matrimonio dove è sempre sembrato dipendente dalla moglie. Rosa Bazzi è l'ultima di tre sorelle. Lascia gli studi dopo la quinta elementare. Sua madre l'ha definita piena di veleno. Il Corriere della Sera riporta le parole degli psicologi: «Vivono in una bolla e si sentono perseguitati dal mondo esterno, con cui non vogliono entrare in contatto. Tra loro non c’è un rapporto di parità. Al contrario, Rosa è una bimba che condiziona le azioni di Olindo, marito-padre. Siamo in presenza di una follia a due».
Rosa Bazzi e Olindo Romano confessano due giorni dopo il fermo, il 10 gennaio 2007. Lui tenta di prendersi tutte le responsabilità e chiede sempre di poter comunque vedere la moglie. Queste le parole di lei: «Il bambino l’ho fatto io. La mamma l’ho fatta io e gliene ho date tantissime e idem anche alla Raffaella». Ritratteranno.
Passa un altro anno prima dell'inizio del processo: si va in aula il 29 gennaio 2008. Durante le udienze viene ricostruito quando accaduto l'11 dicembre 2006. Sono le 19 quando Rosa e Olindo raggiungono l'appartamento di Raffaella Castagna con due coltelli e una spranga di ferro. Lei è la prima a essere colpita poi tocca alla madre e al figlio. L'idea dei due è poi di dare tutto alle fiamme per non lasciare tracce. Qui il piano è debole. Il fumo esce dalla casa, i vicini si accorgono che qualcosa non va. Soprattutto i coniugi Frigerio sentono le grida delle vittime e si fermano a vedere cosa succede prima di portare il cane, che morirà asfissiato, a passeggio. A uccidere la signora Frigerio, secondo la ricostruzione della procura, è Rosa. Lo fa lungo il corridoio e le scale perché la donna cerca di fuggire. Invece Olindo colpisce il marito, poi se ne vanno e torneranno oltre due ore dopo.
Beppe Castagna, figlio, zio e fratello di tre vittime ha raccontato a Repubblica. «Durante il processo speravo che da quei due uscisse una parola in questo senso. Che i nostri cari non fossero stati ammazzati per odio ma per un attimo di follia. Avrei preferito meno anni di galera in cambio di questo conforto. E invece l’omicidio di nostra madre, di nostra sorella e del bambino era stato premeditato. Ci avevano provato altre due volte. Fu solo una storia di odio. Odio reale».
Mario Frigerio si risveglia il 15 dicembre e comincia a raccontare quello che ricorda. Al processo la sua testimonianza è fondamentale anche se espressa con un filo di voce da un uomo fortemente debilitato dalle ferite (morirà il 16 settembre del 2014). «Lo ripeterò finché campo: è stato Olindo, mi fissava con occhi da assassino, non dimenticherò quello sguardo per tutta la vita, ho come una fotografia. Olindo era una belva, mi schiacciava con il suo peso, era a cavalcioni su di me. Ha estratto il coltello mentre mia moglie invocava aiuto. Poi mi ha tagliato la gola, non ho sentito più nulla, solo il sangue che usciva e il fuoco che divampava. Ho pensato: se non muoio per la ferita, muoio tra le fiamme».
Il 26 novembre 2008 sono stati condannati all’ergastolo con isolamento diurno per tre anni, sentenza confermata in appello e in Cassazione, il 3 maggio 2011. Da quando sono in carcere a Bollate lei, a Opera lui, si vedono per due ore tre volte al mese.
Il 9 gennaio 2023 hanno ottenuto il via libera all’istanza di revisione del processo. Sono entrambi in carceri milanesi. Olindo Romano è a Opera. Coltiva l'orto, pesa 120 chili. Pare che aspetti che Mario Frigerio cambi la sua testimonianza. Non lo può fare perché ormai morto. Continua a dichiararsi innocente come la moglie che invece è a Bollate dove pare essersi adattata meglio del marito, conoscendo altre detenute. Ha lavorato in sartoria, non sarebbe più in grado di leggere e scrivere. Lui invece ha scritto: «Sarebbe bello avere un permesso premio da soli con Rosa per farci un giro in camper e fermarci a mangiare una pizza lungo il lago. Il problema è che il camper ce l’hanno venduto. Chissà se il magistrato di sorveglianza ci darà l’ok. Mi ricordo il giorno della strage e fino a sera è stato un giorno normale: lavoro, casa, Rosa, McDonald’s... È da dieci anni che dura questo incubo, ma aspettiamo fiduciosi la revisione del processo. Sono innocente».
Nonostante la condanna nei tre gradi di processo per la strage di Erba in molti non credono alla colpevolezza di Rosa Bazzi e Olindo Romano. La trasmissione Mediaset Le Iene ha più volte proposto servizi con al centro la tesi della loro presunta innocenza. Il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, dopo avere analizzato il lavoro portato avanti dalla difesa con il legale Fabio Schembri, ha chiesto di riaprire il fascicolo. La Corte d'appello di Brescia, che in questo caso è giudice della revisione, ha riunito, accogliendole, le istanze di revisione presentate dai legali della coppia e da Tarfusser. Nella prima udienza, quella del primo marzo, si discuterà di quali prove o testimonianze ammettere. Il processo si potrà concludere con un'assoluzione o una condanna o ancora con una dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di revisione. Questa istanza si basa su 4 punti: sostiene che quello del testimone Mario Frigerio sia un falso ricordo e che la sua testimonianza sia imprecisa, che la confessione ritrattata di Rosa e Olindo con coincida con i dettagli ricavati dal medico legale, che le tracce di sangue sull'auto della coppia siano arrivate casualmente.
A Repubblica Beppe Castagna, che, come il fratello, non si costituirà parte civile, ha spiegato: «Le confesso che sono anche rincuorato che questo processo si farà. Così l’avvocato, Le Iene e Tarfusser avranno la loro revisione. E quando uscirà l’ovvia verità, cioè che Olindo e Rosa sono colpevoli, spero che tutti saranno contenti ed esausti di questa vicenda, e che non ci rompano più i coglioni per il resto della nostra esistenza. Non ci costituiremo parte civile e non presenzieremo. Quello che verrà deciso lo accetteremo. Siamo serenissimi, non siamo più arrabbiati. La verità c’è già, è quella già sentenziata».