Il testimone oculare, dopo un mese di tentennamenti – disse di non poter riconoscere il killer, perché aveva una calza da donna sul volto – indicò Zuncheddu alla polizia. Una giravolta che oggi, la procura di Cagliari e il legale del detenuto, legano a presunte pressioni del funzionario Interpol, Mario Udia, attualmente titolare di un’agenzia di investigazioni.
Il poliziotto era convinto che Zuncheddu fosse colpevole, e aveva mostrato al testimone la sua fotografia prima del riconoscimento ufficiale, un espediente per memorizzare e farla indicare -davanti al pm- tra quelle degli altri sospettati.Non solo una testimonianza, a quanto afferma lo stesso superstite, decisamente “imboccata” ma anche le modalità del crimine, presentavano le caratteristiche dell’azione paramilitare. È poco probabile che un killer solitario, abbia potuto uccidere – quasi contemporaneamente – tre persone e ferire un’altra in modo grave. Se la procura e l’avvocato difensore di Zuncheddu, Mario Trogu – che hanno chiesto la revisione del processo – avessero ragione, perché si è voluto incastrare quell’uomo, in carcere da 33 anni?