Genova - Il posto si chiama Tigullio Rocks. Non è un hotel a cinque stelle, né il nome di una villa fiorita fra le rocce o quello di un ristorante esclusivo. E’ un angolo di paradiso. Un belvedere in cui si allarga la via Aurelia, fra Chiavari e Zoagli, e che apre il sipario sullo spettacolo del golfo del Tigullio abbracciandolo per intero, dal monte di Portofino a Sestri Levante. Sotto, fra le rocce di una scogliera che cade a picco, lo spumeggiare delle onde. Il posto è questo, il mese è agosto e l’anno il 1987. Alle spalle del belvedere affacciato sul mare, alle spalle di chi viene fin qui per godere dello spettacolo del golfo e far correre lo sguardo sulla linea dell’orizzonte, c’è una collina. E’ la collina delle Grazie. Chi si ferma a Tigullio Rocks, gli occhi pieni di azzurro e il naso inebriato dal profumo di salsedine, difficilmente si gira a guardarla. E’ una collina brulla e abbandonata, screziata da minuscole fasce un tempo coltivate, ora infestate dai rovi e dagli sterpi, ingentilite solo, quando è stagione, dai bianchi fiori a grappolo della robinia. La si raggiunge attraverso il vecchio tracciato dell’Aurelia che corre proprio dietro il belvedere. E’ un posto appartato, un posto da coppiette e di discariche abusive. E’ qui che, alle 11,30 di giovedì 13 agosto 1987, viene trovato il corpo senza vita di una donna. Meglio, quanto resta di un misero corpo di donna.
Omicidio di Gabriella Bisi
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