Screenshot 2024 11 10 at 10 08 17 Gabriella Bisi Cerca con GoogleGenova - Il posto si chiama Tigullio Rocks. Non è un hotel a cinque stelle, né il nome di una villa fiorita fra le rocce o quello di un ristorante esclusivo. E’ un angolo di paradiso. Un belvedere in cui si allarga la via Aurelia, fra Chiavari e Zoagli, e che apre il sipario sullo spettacolo del golfo del Tigullio abbracciandolo per intero, dal monte di Portofino a Sestri Levante. Sotto, fra le rocce di una scogliera che cade a picco, lo spumeggiare delle onde. Il posto è questo, il mese è agosto e l’anno il 1987. Alle spalle del belvedere affacciato sul mare, alle spalle di chi viene fin qui per godere dello spettacolo del golfo e far correre lo sguardo sulla linea dell’orizzonte, c’è una collina. E’ la collina delle Grazie. Chi si ferma a Tigullio Rocks, gli occhi pieni di azzurro e il naso inebriato dal profumo di salsedine, difficilmente si gira a guardarla. E’ una collina brulla e abbandonata, screziata da minuscole fasce un tempo coltivate, ora infestate dai rovi e dagli sterpi, ingentilite solo, quando è stagione, dai bianchi fiori a grappolo della robinia. La si raggiunge attraverso il vecchio tracciato dell’Aurelia che corre proprio dietro il belvedere. E’ un posto appartato, un posto da coppiette e di discariche abusive. E’ qui che, alle 11,30 di giovedì 13 agosto 1987, viene trovato il corpo senza vita di una donna. Meglio, quanto resta di un misero corpo di donna.