Sul fatto che Gabriella Bisi sia stata uccisa a Tigullio Rocks e non vi sia stata trasportata già morta, non sembrano esserci dubbi. Lo dimostra il ramo di robinia usato dall’assassino per stringerle attorno al collo lo slip utilizzato per strangolarla. La perizia su quell’indumento, poi, dirà che non è stato strappato a forza alla donna. Segno che Gabriella era consenziente e che probabilmente ha fatto l’amore o si apprestava a farlo con il suo carnefice. Che il delitto sia allora frutto di un gioco sadomaso finito in tragedia? Anche questa ipotesi viene vagliata. Ma, allo stesso tempo, non si può neppure escludere che la donna sia stata tramortita, trascinata nello spiazzo sulla collina delle Grazie e uccisa in quel modo inscenando un delitto passionale a bella posta per sviare le indagini. Il fatto che sul luogo in cui è stato scoperto il suo cadavere Gabriella sia stata portata ormai esanime potrebbe trovare conferma in quell’unico sandalo trovato sul sentiero che conduce allo spiazzo, a qualche metro di distanza dal corpo. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore della repubblica di Chiavari Giorgio Pasquinoli, si infilano in questo labirinto di ipotesi sino a perdervisi definitivamente. E a nulla servirà la taglia di 30 milioni di lire, frutto di una colletta fra gli amici di Gabriella, messa a disposizione di chi fosse in grado di fornire indizi utili per risolvere il giallo.

Nei mesi successivi si apriranno e chiuderanno molte altre piste investigative. Una, ad esempio, porta gli inquirenti a Milano sulle tracce di uno spasimante respinto di Gabriella: un uomo sposato che le inviava deliranti lettere d’amore, infarcite di disegni erotici. Un’altra a Varese, sulla scena di un delitto dai contorni molto simili: l’omicidio di Lidia Macchi, una ragazza di 21 anni legata a Comunione e Liberazione, uccisa con 29 coltellate in una discarica alla periferia della città. Un’altra ancora chiamerà in causa la Criminalpol giungendo sino a un ex fidanzato respinto con il quale Gabriella aveva fatto un viaggio in Oriente e che in Oriente è rimasto a vivere. Insomma il “caso Bisi” viene ripreso e abbandonato più e più volte nei tre anni a venire, ogni volta che un fatto, un particolare, un elemento inedito sembra accendere una luce nuova sul delitto. La sua definitiva archiviazione data 15 agosto 1990. L’ultimo colpo di scena, invece, è dell’aprile del 1988 quando i carabinieri giungono in possesso della borsa di Gabriella: una sacca di tela beige. Dentro ci sono soldi, documenti, una copia di Cosmopolitan. E un paio di mutandine nere.