Per raccontare la storia di Elisa Claps si potrebbe partire dall’inizio, da quel giorno di metà settembre quando scomparve nel nulla o dalla fine, quando il suo corpo senza vita fu ritrovato, per caso, nel sottotetto della Chiesa della Santissima Trinità, a Potenza. Ma tra l’inizio e la fine, tra il 12 settembre 1993 e il 17 marzo 2010, c’è un silenzio lungo diciassette anni, un buio carico di dolore per una famiglia che voleva solo conoscere la verità, svelare quel segreto protetto da una cortina impenetrabile di ombre, dubbi e silenzi.
Elisa era una ragazza allegra, perbene, ingenua. Frequentava il primo anno del liceo classico, le amiche e la chiesa, quella della Santissima Trinità di Potenza, dove lasciavano le loro offerte e il loro fardello di segreti operai, casalinghe e notabili della città. Quindici anni, capelli castani e un corpo morbido e robusto che mal si addiceva a quella indole pura di bambina cresciuta, guardava il mondo da dietro i suoi occhiali ovali e il suo grande sorriso. Non diffidava mai di nessuno, neanche dei ragazzi più grandi per cui prendeva delle cotte, perché, timida com’era, le veniva difficile uscire con i suoi coetanei. Non diffidava di Danilo Restivo, un ragazzo goffo, impacciato che ad alcuni faceva paura, quando non provocava ripulsa, e che la corteggiava da un anno, senza successo.