Qualche ora dopo Danilo si presentò all’ospedale, con un taglio sul dorso della mano e i vestiti sporchi di sangue. “Sono caduto”, disse il ventunenne ai medici. Alle quattordici la famiglia Claps entrò in allarme, le ricerche di Elisa cominciarono dappertutto. Fu proprio Danilo Restivo a dire agli inquirenti che Elisa quel giorno aveva appuntamento con lui e che erano entrati insieme nella Chiesa della Santissima Trinità. I genitori e il fratello di Elisa avevano già fatto il nome di Restivo a Felicia Genovese, il pubblico ministero incaricato del caso, e avevano raccontato di come Elisa lo considerasse un corteggiatore assillante e molesto. Nei giorni seguenti Don Mimì Sabìa si allontanò, come programmato, per un breve periodo di riposo e la Chiesa rimase chiusa al pubblico, perfino ache agli inquirenti. Intanto la scomparsa della giovane cominciava a solleticare la fantasia di mitomani e millantatori che suggerirono diverse piste, tutte infondate e mentre questo avveniva Felicia Genovese finiva al centro di un’inchiesta guidata da un giovane e ambizioso magistrato napoletano, Luigi de Magistris. L’elenco degli indagati comprendeva trenta nomi tra cui quello del magistrato Genovese, trasferita a Roma in seguito all'inchiesta e quello di suo marito, Felice Cannizzaro, direttore generale del San Carlo di Potenza, la più grande azienda ospedaliera della Basilicata. Nell'elenco c’erano anche altri nomi di spicco, tra cui il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo; Filippo Bubbicom, ex sottosegretario; l'ex procuratore di Matera, Giuseppe Chieco; Iside Granese, ex presidente del tribunale di Matera e l'ex sindaco della città Emilio Nicola Buccico e Vincenzo e Marco Vitale, titolari del villaggio ‘Marinagri' di Policoro.
L’inchiesta si chiamava “Toghe lucane” e metteva sotto la lente la condotta dei magistrati della Basilicata, in ordine a una ipotesi di manipolazione di alcuni procedimenti giudiziari a favore di un comitato politico affaristico locale, rinsaldato da legami di tipo massonico, di cui sarebbero stati garantiti e favoriti gli interessi, anche a costo di ‘aggiustare’ i processi. Era il caso della costruzione del villaggio turistico Marinagri di Policoro, intorno alla quale ruotava l’attenzione della ‘cupola’ di cui si ipotizzava l’esistenza. In particolare, Genovese e suo marito Cannizzaro, affiliato alla Massoneria, erano sospettati di condizionare “procedimenti penali in cui risultavano interessati avvocati a loro “vicini”; condizionare la polizia giudiziaria impegnata in indagini delicate e complesse e di garantire l’esito di procedimenti penali di loro interesse e delle persone di cui erano garanti (in particolare quelli nel settore della sanità, come il processo Panio)”. Secondo le ipotesi investigative i due “offrivano utilità varie attraverso il ruolo di Cannizzaro all’interno della più grande azienda ospedaliera della Basilicata. L’indagine di de Magistris si incrociò con quella sul caso Claps, quando si trattò di verificare la condotta del pm Genovese all’interno delle indagini sulla scomparsa della ragazza. Il caso passò dunque direttamente alla Procura di Salerno, che ripartì da zero.
In mano, il pm Rosa Volpe, aveva solo quello che Genovese aveva trovato nell’ambito delle sue investigazioni: niente. Non erano stati sequestrati vestiti sporchi di sangue dell'unico sospettato (e mai indagato dalla Genovese), non era stata effettuata una perquisizione nella sua casa né nella chiesa. Non era stata disposta una perizia psichiatrica su Restivo, nonostante mostrasse chiari segni di una personalità disturbata. Da qualsiasi punto di vista si guardasse l'indagine si vedevano solo lacune e omissioni. Intanto Toghe lucane si conclude in una bolla di sapone, de Magistris viene trasferito per incompatibilità territoriale e la posizione dei trenta indagati, archiviata. Il magistrato che si era trovato a giudicare procedimenti in cui lo stesso marito era implicato, come quello sul duplice omicidio dei coniugi Pinuccio Gianfredi e Patrizia Santarsiero, avvenuto a Potenza il 29 aprile ‘97, di cui Cannizzaro era accusato di essere il mandante. Personaggio contiguo agli ambienti della ’Ndrangheta, anello di collegamento tra l’ambiente degli imprenditori della Potenza bene e la malavita, Gianfredi era sospettato di gestire un grosso giro di usura. Alla fine Cannizzaro risultò estraneo al delitto per il quale venne condannato come mandante, Tonino Cossidente, ex boss dei Basilischi. A fare il nome del dirigente dell'ospedale di Potenza, Cannizzaro, dando il via a quell'indagine e a fare anche quello di Elisa Claps, era stato il pentito, Gennaro Cappiello, che nel 1999 rivelò al pubblico ministero della Dda di Potenza, Vincenzo Montemurro che l'assassino di Elisa era il giovane Danilo Restivo. Cappiello venne considerato inattendibile e così anche le sue rivelazioni sul caso Claps. Sempre secondo la stessa scia di informazioni, all’epoca dei fatti il Cannizzaro, coinvolto da Maurizio Restivo, anche lui affiliato alla Massoneria, nel caso di Elisa, avrebbe chiesto a Gianfredi di occultare il corpo della giovane e poi ne avrebbe ordinato l’assassinio per coprire il segreto.