A Potenza lo conoscevano tutti come un giovane problematico, ma innocuo. Era il figlio del direttore della Biblioteca nazionale di Potenza, Maurizio Restivo, persona stimata in città da quando vi si era trasferito prima da solo, nel 1979, e poi dopo due anni con la moglie Marisa e i figli Anna e Danilo, che nel primo periodo di incarico presso la biblioteca potentina erano rimasti a Cagliari. Avvocato, pittore, scultore, Maurizio Restivo era un uomo carismatico ed era tenuto in grande considerazione in città. Anche don Mimì Sabia, il parroco della chiesa della Santissima Trinità, lo stimava. La famiglia Restivo del resto, aveva vissuto per anni nel comprensorio del Seminario, accanto alla Chiesa, dove come direttore della Biblioteca, che era situata lì, godeva di un alloggio. La posizione e il prestigio di Maurizio Restivo rendevano tollerabili e perdonabili tutte le bizzarrie del figlio, come quando, entrando in una stanza diceva “arrivederci”, invece di salutare, come quando, armato di forbici che portava sempre con sé, sui bus cittadini si appostava dietro alle ragazze per tagliar loro ciocche di capelli che custodiva gelosamente nella sua stanza. Più di una volta l’avvocato Restivo era intervenuto in soccorso di quel figlio difficile.
Lo aveva fatto nel 1986, quando un Danilo 14enne, era stato denunciato per aver ferito con un coltello un ragazzino. Lo aveva attirato in un container del seminario insieme alla cugina, lo aveva bendato e poi, dopo aver calzato un guanto da cucina gli aveva tagliato il collo con un trincetto. La ragazzina aveva avuto la prontezza di spingerlo a terra e trascinare via il cugino. La ferita fu medicata con alcuni punti. Seguì un processo, poi archiviato per intervenuta amnistia mentre Maurizio Restivo si premurava di far firmare al padre del ragazzo un documento che attestava il versamento della somma di un milione di lire a titolo di risarcimento, da parte della famiglia Restivo.Lo protegge, papà Maurizio, anche quando viene denunciato per stalking. È il 1992. Le sue vittime in quegli anni erano alcune studentesse universitarie che abitano davanti alla casa dei Restivo in viale Marconi, a Potenza. Alcune sono amiche della sorella Anna, a cui Danilo ha rubato i numeri di telefono. Le chiama decine e decine di volte, invia loro delle lettere, alcune sconce, altre romantiche, tutte inquietanti. A una di loro manda un carillon che suona il brano Per Elisa. Il processo si conclude con un patteggiamento, in casa Restivo viene installato un contascatti al telefono.
Tutto questo Elisa non poteva saperlo. Da un anno la assillava con un corteggiamento serrato, ma lei, pur avendolo respinto più volte, non aveva il coraggio di interrompere i contatti, così, quando l’11 settembre, di sabato, le propose un appuntamento per l’indomani, perché voleva darle un regalo, da quella ragazzina ingenua che era Elisa, non seppe resistere. Per l’indomani, domenica 12 settembre 1993, la famiglia Claps aveva programmato di pranzare nella casa di campagna nell’agro di Tito. I genitori e uno dei fratelli di Elisa si sarebbero avviati alle 10 del mattino mentre Elisa e l’altro fratello, Gildo, li avrebbero raggiunti a ora di pranzo, intorno alle 12, insieme a Eliana De Cillis, amica di Elisa. Le due ragazze uscirono da casa Claps intorno alle 11 e 15 dicendo a Gildo che sarebbero andate in chiesa. Era una bugia, perché Elisa aveva appuntamento con Danilo. Le due ragazze si avviarono in via IV novembre, ma giunte alla piazza Mario Pagano si persero di vista. Elisa entrò con Danilo nella chiesa della Santissima Trinità. E non uscì, non uscì più.