All’anagrafe lo chiamarono Ernesto. Di cognome faceva Picchioni. Dunque, nome e famiglia qualunque. Luogo di nascita in Provincia di Rieti. Ernesto Picchioni era un ometto di mezza tacca, un po’ rozzo di aspetto e di costumi. Assiduo frequentatore delle bettole di Nerola, il paese laziale di poche anime, dove prese possesso abusivamente – insieme alla moglie ed alcuni figlioli – di un casolare di campagna, mezzo diroccato. Il proprietario voleva cacciarlo, lui lo prese a sassate e la giustizia gli affibbiò 4 mesi di prigione. La bicocca era prospiciente al segnale stradale che indicava il km 47 della statale Salaria, pressappoco a metà strada tra Rieti e Roma.
Ernesto (spara lesto) sarebbe rimasto un bischero qualunque, se non fosse diventato il mostro di Nerola. Il suo curriculum giudiziario certifica che fu accusato fino a 16 omicidi, però ne bastarono 4 sicuri per mandarlo all’ergastolo con l’aggiunta di 26 anni di reclusione, nel soggiorno di Porto Longone, nell’Isola d’Elba. Dove morì che aveva appena compiuto 60 anni.