Screenshot 2024 10 21 at 14 50 01 ernesto picchioni Cerca con GoogleAll’anagrafe lo chiamarono Ernesto. Di cognome faceva Picchioni. Dunque, nome e famiglia qualunque. Luogo di nascita in Provincia di Rieti. Ernesto Picchioni era un ometto di mezza tacca, un po’ rozzo di aspetto e di costumi. Assiduo frequentatore delle bettole di Nerola, il paese laziale di poche anime, dove prese possesso abusivamente – insieme alla moglie ed alcuni figlioli – di un casolare di campagna, mezzo diroccato. Il proprietario voleva cacciarlo, lui lo prese a sassate e la giustizia gli affibbiò 4 mesi di prigione. La bicocca era prospiciente al segnale stradale che indicava il km 47 della statale Salaria, pressappoco a metà strada tra Rieti e Roma.

Ernesto (spara lesto) sarebbe rimasto un bischero qualunque, se non fosse diventato il mostro di Nerola. Il suo curriculum giudiziario certifica che fu accusato fino a 16 omicidi, però ne bastarono 4 sicuri per mandarlo all’ergastolo con l’aggiunta di 26 anni di reclusione, nel soggiorno di Porto Longone, nell’Isola d’Elba. Dove morì che aveva appena compiuto 60 anni.


 
Screenshot 2024 10 21 at 14 39 54 ERNESTO PICCHIONI IL MOSTRO DI NEROLA La zona mortaGli avevano chiesto, quand’era diventato l’inquilino abusivo al km 47, che mestiere facesse per riuscire a mantenere la numerosa famiglia (pare ci fosse pure una anziana a carico). Rispose: “Vendo lumache”. Mestiere certamente non da facoltosi. Però, Ernesto Picchioni pensò di integrare il reddito facendo l’assassino sgrassatore. In questo modo. Al suo tempo – gli anni ’40 del ‘900 – la Salaria, che passava quasi dinnanzi all’uscio di casa sua, era frequentata, per lo più da “ciclisti“ di Rieti diretti a Roma e viceversa. Tempi poveri per tutti: il tempo magro del film Ladri di biciclette, il mezzo di locomozione bellico e postbellico prevalente.

Pure per l’avvocato romano Pietro Monni, che ansimando andava a Rieti per una causa. La sventura fu per lui racchiusa in un chiodo che gli sgonfiò una ruota del velocipede. Ma quale sfortuna! Il chiodo, anzi i chiodi, li aveva seminati in mezzo la strada l’ingegnoso Ernesto e futuro serial killer. Che di fronte al pedalatore appiedato fece il brav’uomo. Disse: “Perbacco, un vero inconveniente. Io abito in questa casa modesta, ma accogliente. Gentile signore, si accomodi, la porta è sempre aperta”.

L’avvocato accettò di buon grado e siccome era l’ora del desinare, Ernesto chiamò la mogie: Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più. Una sorta di Cena delle beffe di Sem Benelli. Oppure del pranzo, a Senigallia, del Valentino. Poi, riempito lo stomaco all’amico in più, lo riempì anche di coltellate. E gli diede una (in)degna sepoltura, insieme alla bicicletta, nell’orto domestico.

Visto che l’impresa aveva fruttato diversi baiocchi, ad Ernesto l’idea non dispiacque e ci riprovò altre volte con lo stesso metodo del chiodo e del “Signore, si accomodi” e via discorrendo (gentilmente) appresso. Tanto, nell’orto, di spazio cimiteriale ce n’era a sufficienza. Bastava passasse qualcuno all’apparenza di buon censo che lui lo sceglieva per sua vittima e procedeva al sequestro d’ogni bene si portasse appresso.

 



Screenshot 2024 10 21 at 14 46 24 ernesto picchioni Cerca con GoogleA passare un altro giorno per il km 47 della Salaria, fu l’impiegato ministeriale in sella ad una elegante bicicletta a motore. Agiato parve il tizio e succoso il bottino. Uguale il trattamento del chiodo e di tutto il resto: S’accomodi, coltellate, sepoltura. Il prezioso ciclomotore (si chiamava Cucciolo) Ernesto se lo tenne per sé. E prese ad andarci in giro per le strade di Nerola, di taverna in taverna. Certo, per uno spiantato come lui, senza né arte, né parte, quel mezzo di trasporto apparve un lusso esagerato agli occhi di tutti. E poi, si sa, il paese è piccolo e la gente mormora.

Era anche accaduto che la consorte, probabilmente stranita assai dalle gesta del marito masnadiero, qualche confidenza l’aveva fatta al Maresciallo a piedi comandante interinale la stazione dei Carabinieri. Siccome, agli occhi attenti dell’Arma, due indizi fanno almeno mezza prova, Ernesto finì sulle prime pagine dei giornali. All’epoca, quando andavi al cinema, prima del film, veniva trasmessa la Settimana Incom. Intitolò il servizio thriller “Terrore e morte al km 47”.


 
Screenshot 2024 10 21 at 14 32 53 ernesto picchioni Cerca con GoogleGli italiani di mezzo allo stivale, nel 1944, di problemi da risolvere ne avevano un sacco. In primis, la congiunzione astrale del pranzo con la cena e di macerie attorno, ce n’erano a mucchi. Non fecero da ostacolo alla diffusione delle vicende truculente del mostro di Nerola che divenne successivamente il solito copione per il cinema, materia da fotoromanzi e cantastorie declamanti in piazza. Al processo lo imputarono di 4 assassini innegabili (i cadaveri e le biciclette le avevano ritrovate nell’orto – cimitero) e un’altra dozzina sospettati. Il tutto aggravato da futili motivi.

Così accadde che l’Ernesto il molesto, assassino della Salaria, fece diventare Nerola il paese del mostro. Mentre invece il piccolo borgo ha anche fama per il Castello degli Orsini, costruito durante il X secolo, accreditato di una storia interessante e di aspetto edilizio di rara maestà. Si erge al centro dell’abitato e gode il benessere nella quiete della campagna sabina. Mentre, il casale al km 47 è ancora guardato con timore: le voci di dentro dicono che sia frequentato dal diabolico fantasma del mostro, in cerca di nuove prede da portare nell’al di là.



Dunque, per il killer di campagna, fine pena mai. E’ morto in carcere nel 1967. Ai misfatti commessi lui aggiunse alcune vanterie (aveva ucciso un paio di nazisti in ritirata) e la tentata aggressione al Papa Giovanni XXIII in visita pastorale al carcere di Civitavecchia. A far visita al recluso invece non venne mai nessuno. La fortuna arrise a due delle sue figlie. Adottate da una famiglia danarosa, ricevettero una vita agiata e pare anche un paio di milioni di dollari in eredità.