Screenshot 2024 10 04 at 10 14 16 rina fort Cerca con GoogleL’interrogatorio fu condotto dal commissario dott. Di Serafino, e durò diciassette ore filate. Secondo quanto la Fort raccontò poi al suo avvocato difensore, mentre le venivano poste le domande un agente continuava a schiaffeggiarla, mentre un altro spesso la sferzava a manganellate. Alla fine, stremata ed affamata, umiliata e minacciata (“Ti facciamo fucilare”), si decise a confessare il suo orribile gesto. Ma fu una confessione parziale, dove il suo ruolo si riduceva a complice, con l’incarico marginale di accompagnare l’assassino fino alla casa della vittima, e di convincere la signora Franca ad aprire la porta. Il killer, secondo il suo racconto, era un non meglio precisato cugino del Ricciardi. Tutto il piano del resto era stato organizzato dal Ricciardi, per liberarsi della moglie o comunque per spaventarla e farla tornare in Sicilia. Ed anche, o forse soprattutto, per far credere a certi creditori che era stato rapinato di tutto quello che aveva, e di non poterli pagare per colpa di un destino infame.

Nel frattempo anche Pippo Ricciardi venne arrestato e trattenuto, e la sua posizione (compreso il viaggio a Prato) attentamente vagliata. Gli inquirenti però non credevano ad una sola parola della donna, convinti che avesse fatto tutto da sola. Così il Nuovo Corriere della Sera del 4 dicembre: “Caterina Fort agì da sola ma tergiversa e si contraddice”.

La vera svolta la si ebbe il giorno dopo. I milanesi appresero la notizia leggendo i giornali. Il solito Nuovo corriere della sera del 5 dicembre titolò a caratteri cubitali: “Li ho ammazzati tutti io! – Caterina Fort ha firmato il verbale di confessione”. Il quotidiano scriveva: “La Questura comunica: Le indagini relative al delitto di via San Gregorio hanno finora accertato in modo irrefutabile la responsabilità della Rina Fort, a cui carico, oltre alle ripetute e dettagliate, seppur finora non complete confessioni, stanno risultanze di fatti inconfutabili. Tali indagini proseguono per l’accertamento di altre responsabilità, finora non sufficientemente chiarite”. Secondo l’articolista ...”Sì, li ho ammazzati tutti io! – Ha gridato finalmente la belva, dopo oltre 100 ore di interrogatori e confronti. ... Le sue deposizioni sono state messe a verbale, e dopo alcuni minuti di esitazione, ha firmato......Ma non ha ritrattato i particolari in precedenza forniti per far credere alla presenza di un uomo e poi di un secondo, sopraggiunto all’ultimo momento”.

La versione della Fort coinvolgeva sicuramente un complice, di cui però lei non conosceva esattamente le generalità. Insisteva nel dire che quella maledetta sera si era recata nell’appartamento della strage assieme ad un parente (o forse solo amico) di Pippo Ricciardi, un siciliano di nome Carmelo. Ma l’architetto di tutto era proprio il Ricciardi. Secondo la sua deposizione, gli affari al negozio andavano parecchio male, e i creditori non intendevano più aspettare. Allora il Ricciardi aveva convinto lei e un certo Carmelo ad andare nell’appartamento per inscenare una rapina, e lui, nel frattempo, si sarebbe tenuto per un po’ lontano da Milano, giusto per crearsi un alibi, con la scusa di certi affari urgenti. Ma evidentemente le cose erano andate diversamente, forse la situazione era sfuggita di mano ai due rapinatori improvvisati, e davanti alle urla delle vittime e alla loro violenta reazione, i due avevano esagerato con i colpi, finendo con l’ammazzare l’intera famiglia.

Naturalmente, messo davanti alla storia imbastita dalla sua ex amante, Pippo negò tutto decisamente. Quella era una pazza isterica, aveva avuto tantissimi problemi anche psicologici prima che lui la incontrasse. Era stata seviziata dal primo marito, era venuta in città per fare la cameriera ma era stata oggetto di ricatti sessuali dal suo datore di lavoro. Secondo il Ricciardi, la Fort non aveva sopportato di essere stata scaricata anche da lui (che le era apparso come l’ultima salvezza), e si era voluta tremendamente vendicare sulla moglie e i figli.

Nel frattempo, la Polizia iniziò anche ad indagare nel quartiere e nelle amicizie di Pippo Ricciardi, per scoprire chi mai fosse il “famoso” Carmelo, che la Fort non conosceva se non di vista e di cui, comunque, non sapeva dare esatte generalità. Ne vennero scovati cinque di Carmelo, amici o parenti del vedovo. Ma solo uno, alla fine, fu identificato come il complice della Fort: Carmelo Zappulla, all’anagrafe Giuseppe. E così, al termine delle indagini condotte dalla Questura di Milano, a San Vittore entrarono la Fort e Carmelo Zappulla, quali esecutori materiali, e Pippo Ricciardi, quale mandante del delitto.

Il giorno 10 dicembre il magistrato autorizzò finalmente i funerali delle quattro vittime, che si svolsero il 14 dicembre alle due del pomeriggio, nella chiesa di San Gioachino. Alle esequie parteciparono alcune autorità e anche il Sindaco. Successivamente alla funzione, le bare furono trasportate alla Stazione Centrale e caricate su un treno diretto a Catania, dove vennero infine inumate.

Il giorno 15 il Nuovo Corriere della Sera pubblicò l’ultimo articolo sulla vicenda, riportando la cronaca del funerale.

Dovette passare un anno e mezzo, prima che Zappulla e Ricciardi venissero scarcerati perchè totalmente estranei al delitto di via San Gregorio. L’unica assassina che veniva rinviata a giudizio era, dopo l’espletamento delle dovute indagini, Caterina Fort.