L’ingegner Codecà, quella sera, era uscito dallo stabilimento Fiat di Torino ed era salito sulla sua 1100. Attraversato il Po, si era fermato di fronte alla sua villetta — tuttora esistente e abitata — di via Villa della Regina, al civico 26. Aveva parcheggiato sul lato opposto, col muso rivolto verso il fiume, e si era ritirato. Era solo in casa, salva la presenza della governante: la moglie Elena e la figlia Gabriella stavano passando qualche giorno di svago a Rapallo. Codecà era nato nel 1901 da una buona famiglia e aveva fatto carriera: dopo la laurea in ingegneria in Francia, la Fiat lo aveva assunto e incaricato di coprire ruoli di responsabilità negli stabilimenti in Romania e in Germania. A Bucarest aveva conosciuto Elena Piaseski, figlia di un medico di origine polacca, poi divenuta sua moglie. Durante la guerra, era stato figura di vertice della Deutsche Fiat Automobil Verkaufs ed era rientrato in Italia dopo l’armistizio dell’otto settembre, per occuparsi del centro produttivo di Mirafiori. Nel 1952, da responsabile delle divisioni Grandi Motori, faceva parte di un gruppo ristretto di dirigenti realmente influenti, capitanati dal presidente Vittorio Valletta.
Omicidio di Erio Codecà - Una carriera fulminante
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