Nonostante il clamore e a dispetto dello sconvolgimento della città, nel giro di qualche settimana il caso dell’ingegner Codecà si sgonfiò, per mancanza assoluta di indizi. Fino all’estate del 1955: in luglio, il procuratore generale Cassina mandò a prelevare un uomo residente a Pianezza. Si trattava di Giuseppe Faletto, 34 anni, ex partigiano col nome di battaglia di Briga: secondo i suoi conoscenti, un tipo spregiudicato e coraggioso che, spesso, durante la Liberazione aveva passato il segno macchiandosi di atti illeciti. A incastrarlo, due rudimentali intercettazioni ambientali con un magnetofono, catturate in un ristorante di Druento. A preparargli la trappola due presunti amici, Vinardi e Camia, che si erano rivolti ai carabinieri raccontando di aver ascoltato Faletto mentre si vantava dell’omicidio Codecà. In corte d’Assise, però, le accuse non ressero: non c’erano prove dirette della presenza di Briga nel luogo dell’omicidio quel 15 aprile, né indizi solidi.
Omicidio di Erio Codecà - La procura si muove
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