Nel 1988 nacque l'Associazione parenti delle vittime della Strage di Ustica, per iniziativa di Daria Bonfietti - sorella di una delle vittime -, che ricorda: «Appariva sempre più chiaro che coloro che lottavano contro la verità esistevano, erano esistiti sin dagli istanti successivi al disastro e operavano a vari livelli nelle nostre istituzioni democratiche per tenere lontana, consapevolmente, la verità». Si mobilitò l'opinione pubblica, scossa da una mancata verità che assumeva la dimensione dello scandalo. E l'opinione pubblica, in molti modi, fece sentire la sua pressione; ne seguirono due importanti effetti. Riprese vigore l'impegno della Magistratura: con due successive complesse campagne di recupero svolte a 3.700 metri di profondità, nel 1987 e nel 1991, fu acquisito il 96 % del relitto del DC9.
La vicenda poi divenne oggetto d'indagine della Commissione parlamentare Stragi, presieduta dal Senatore Libero Gualtieri, dal 1989. Quest'ultima giunse a segnalare comportamenti di militari italiani in servizio presso alcuni centri radar volti ad occultare ciò che era avvenuto quella sera nei cieli del Tirreno. Come la Commissione, anche la Magistratura ritenne che la mancata ricostruzione della cause del disastro fosse stata orchestrata per mezzo di depistaggi ed inquinamenti delle prove, anche ad opera di appartenenti all'Aeronautica Militare Italiana.