Maurizio Minghella, nato e cresciuto nelle case popolari di Bolzaneto, a Genova, la sua vita, così come la sua carriera delittuosa, è stata largamente segnata dalla morte del fratello Carlo a seguito di un incidente automobilistico. Dopo averlo visto in obitorio, infatti, divenne affetto da un attaccamento morboso nei confronti dei cadaveri.
A causa di un’asfissia neonatale, Minghella sviluppò un lieve ritardo mentale e riuscì a parlare e camminare solamente in tarda età. Il padre Giulio abbandonò lui e i suoi fratelli quando aveva solamente cinque anni. La madre si era rifatta una vita, ma il suo nuovo compagno non faceva altro che picchiare lei e Minghella. Verosimilmente, contribuendo ad accrescere i suoi primi istinti omicidi.
Maurizio Minghella verrà bocciato nove volte in seconda elementare e rifiutato molteplici volte anche dall’esercito. Iniziò a rubare per mantenersi. Molto giovane sposò una ragazza minorenne. E l’esperienza avuta con lei segnerà definitivamente la sua carriera criminale e le sue perversioni sessuali. La giovane ebbe un aborto spontaneo e sarà lo stesso killer a raccontare che quella “fontana che grondava di sangue, nella quale provavo a immergere le mani per fermarla” fomenterà la contemporanea attrazione e repulsione per il ciclo mestruale di quelle che diventeranno le sue vittime.