La prima vittima è stata la prostituta Sulejamani Herjona, alias Mimi Mimidi Marianthi. Il suo corpo senza vita venne rinvenuto la mattina del 2 agosto del 1996 a Reano, in provincia di Torino. La donna era morta dopo aver subito delle profonde ferite al capo, probabilmente provocate con un oggetto contundente. La mancanza di nerofumo nelle vie aeree e l’assenza di carbossiemoglobina nel sangue facevano concludere che la giovane era già morta prima che Minghella le desse fuoco. La seconda vittima della nuova tornata di sangue non è mai stata identificata.

Screenshot 2024 10 01 at 10 30 33 Maurizio Minghella il serial killer delle prostitute condannato a scontare oltre 200 anni di carcere

Screenshot 2024 10 01 at 10 32 06 tina motoc Cerca con GoogleÈ toccato poi a Loredana Maccario, il 22 marzo 1997. La donna è stata barbaramente uccisa nell’abitazione dove svolgeva attività di prostituzione. Il cadavere è stato rinvenuto in parte coperto dal lenzuolo e conalcuni indumenti – reggiseno, camicia e calze – ancora indossati. A differenza delle altre vittime, il corpo della donna sembrava essere stato spostato dal suo assassino. Poco più di due mesi dopo, il 24 maggio 1997, Maurizio Minghella strangolò la prostituta Fatima H’Didou. E lo fece con il laccio di una tuta da ginnastica. Sulla coscia della donna verrà ritrovato un preservativo contenente sperma dell’uomo. Un errore che gli costerà molto caro.

Seguiranno altre quattro vittime: Carolina Gallone, Nada Shehu, Giuliana Vilali e Cosima Guido. La causa del decesso era stata per tutte quella di matrice asfittica. Fa rabbrividire la modalità omicidiaria impiegata per quest’ultima. Minghella utilizzò un fazzoletto in seta rinvenuto stretto al collo della donna e annodato anteriormente.

L’ultima preda del Travoltino fu Tina Motoc, prostituta di vent’anni e madre di una bambina di due anni residente in Romania. Venne uccisa nella notte tra il 16 e il 17 febbraio 2001. La morte è stata conseguenza della combinazione di un’anemia metaemorragica, di lesioni neurologiche e di asfissia meccanica conseguenti a un grave trauma cranico e all’applicazione di un laccio al collo costituito da calza di nylon, collegato con una legatura ai due polsi, che erano posti dietro al dorso. Dunque, una morte per incaprettamento. Una modalità usata per uccidere in modo tale che la vittima si strangoli letteralmente da sola.