Negli 80 metri quadrati dell’appartamento alla periferia di Roma - soggiorno, cucina, camera da letto e bagno - Prato e Foffo iniziano da subito a chiudersi in un’altra dimensione, una dimensione in cui il tempo perde il suo senso e dentro cui esistono solo loro due. Parlano tanto, consumano più di un migliaio di euro di cocaina e non si sa quanto alcol. Non dormono, non mangiano. Prato ha portato con sé un borsone in cui ha una parrucca blu elettrico e dei vestiti da donna. Sulle unghie si mette lo smalto della madre di Foffo. I due semisconosciuti si raccontano le loro vite, le loro paure, le delusioni, i dolori. Scivolano in territori spaventosi e piano piano, nella casa sempre più sporca e buia, prende forma l’idea più inconfessabile: uccidere una persona a caso per vedere l’effetto che fa.
Le ore passano, continuano a prendere cocaina. Fuori la vita della città va avanti come sempre: il traffico, la pioggia. I titoli dei telegiornali parlano dei due italiani rapiti a luglio in Libia e liberati, della polemica sul direttore della reggia di Caserta, del giallo di O.J. Simpson che potrebbe riaprirsi, della Roma che ha vinto la sua settima partita di fila ed è al terzo posto. Intanto Prato e Foffo cercano la loro vittima. Prima di inviare il messaggio a Luca Varani, attirano nella casa altre persone che però si salvano, uno scappa dopo aver fiutato la strana atmosfera che si respira nell’appartamento. Poi tocca a Luca. Appena arriva lo fanno spogliare e gli danno da bere un cocktail con dentro un farmaco che lo stordisce. Poi iniziano a colpirlo. Martellate, colpi con due coltelli diversi, cercano di strangolarlo. Alla fine, dopo oltre due ore di torture, Varani muore dissanguato.
L'omicidio di Luca Varani - I tre giorni di buio
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