La psiche di un uomo è spesso insondabile, profonda e prolissa. Cercar di farne un sunto o districarne la matassa è lavoro per pochi. Di sguardi e atteggiamenti tentiamo di farne leggi e soluzioni o appigli per comprendere l’estraneo di fronte e a noi. Così inestricabile era la mente di Rickard, il quale, tornato in Italia, apparirà e svanirà con la stessa velocità del proiettile che si sparerà in fronte. Non saturo di perversione metterà in atto un tragico rompicapo di morte incastrando un coltello alle sue spalle, al di soprà del quale riuscirà a stramazzare dopo il colpo mortale alla fronte. Una morte che sa di penitenza, forse di rito. Nella simbologia suicidiaria un tranello così ben organizzato palesa l’anelo di morte, la concupiscenza della stessa a mo di sacrificio. Esemplare. Un colpo in testa.

Il fratello superstite si rifugerà nel fienile abitabile del defunto padre a Rifiano, riavvicinandosi temporaneamente alla madre malata: trascinata dalla schizofrenia in angusti cubicoli, giocherà a scacchi con visioni e allucinazioni. Sono portato a pensare che proprio questo periodo di vicinanza sia stato fatale nella psiche di Ferdinand: ho la convinzione, non supportata da prove concrete, che in questi anni si sia esacerbato l’odio razziale che lo porterà a commettere i tanto repentini quanto atroci atti in quel mese del 1996.