La sua fedina penale inizia ad avere qualche macchia tra il 1978 ed il 1983. Un’altra denuncia la riceve per violenza privata. Lui finge di avere una pistola in tasca e obbliga una ragazza ad accompagnarlo ad una fiera. Viene denunciato poco tempo dopo per rapina.

Finge di avere una pistola e ruba dei gioielli ad un’altra ragazza. In questi anni simula un rapimento per chiedere un riscatto ai suoi genitori. Il fatto potrebbe far ridere ma non era un fatto così raro all’epoca, anzi. Per questa vicenda viene accusato di simulazione di reato.

Nel 1983 causa un brutto incidente stradale. È alla guida della sua auto, ha fretta e la macchina davanti va troppo a rilento. Decide di superarla ma la visibilità è pessima e si accorge tardi di una macchina che arriva in senso opposto. Non sa che l’auto davanti va a rilento a causa di una signora in bici. Rientra in modo brusco nella sua corsia per evitare il frontale ma purtroppo colpisce la signora che morirà a causa delle lesioni. Verrà condannato per omicidio colposo.

Una volta viene fermato dai carabinieri che lo trovano armeggiare vicino all’auto una sera. Gianfranco sta cambiando la targa dell’auto a bordo strada vicino a Verona. I carabinieri nel bagagliaio trovano una targa falsa, coltelli a serramanico, bende, forbici, macchine fotografiche.

Anni dopo, durante il processo per l’uccisione delle prostitute, emerge un fatto del 1989. Lui ha rapito e violentato una prostituta di Verona, Maria Luisa Mezzari. Di questa denuncia non si trova però traccia e lui non verrà mai perseguito. Lei aveva denunciato di essere stata caricata in auto e portata in un cascinale di campagna dove il suo aguzzino l’avrebbe stuprata. Sporge denuncia ma questa rimarrà per sempre in un cassetto e nessuno indagherà mai sul caso.